Domani sera, più o meno a un’ora di distanza, si corre la carriera di Provenzano e si gioca Italia-Germania agli Europei di calcio. Due eventi con strane convergenze.

Due palii di brocchi, veri o presunti.
Quello senese si disputa in una città imbrocchita nell’immagine, nelle risorse, nella dirigenza. E ovviamente nel portafogli, dopo le disgrazie bancarie degli ultimi anni. Anni che hanno visto l’astro della Civitas Virginis declinare e dai quali la città fa una fatica tremenda a risollevarsi, nonostante l’encomiabile sforzo collettivo. Da baldanzosamente presuntuosa, Siena si ritrova infatti malinconicamente provinciale. Perfino i pochi casi di cronaca capaci di riaccendere i riflettori, come il mistero sulla morte del capo della comunicazione del Mps, David Rossi, attingono a una realtà passata che, nel volgere di poche stagioni, si è dissolta al pari dei fasti sportivi, della finanza, della ricchezza cittadina.
Orbata di un “sistema” vezzosamente detto “groviglio armonioso” (ma spesso, purtroppo, ancora ben radicato nella mentalità corrente e delle prassi legate a quel modo di essere), per uscire dalla crisi la senesità si è trovata ad aver bisogno di uomini di spessore. Scoprendo però di non averne, dopo che per decenni proprio quel sistema aveva preferito fare a meno di figure di spicco, ma poco ortodosse o meno “organiche” del dovuto.
Il Palio di domani è speculare a tutto ciò: passione intatta, ritualità immutata, tradizione e diversità ostentate con orgoglio, ma non più percepite all’esterno col timore reverenziale di una volta. Al mondo di fuori anche il Palio appare rimpicciolito, ridimensionato. Più folklore rumoroso che magia sospesa. E ciò, checchè ne dicano, ai senesi non fa piacere. Anzi: rischia di acuire i loro insorgenti complessi.
A tale basso profilo tutto il resto sembra allinearsi. Perfino la scelta dei cavalli selezionati per la corsa: per metà esordienti, per metà già esperti, ma nessun vincente.
Se ci si pensa bene, la vicenda della Nazionale di Antonio Conte somiglia molto a quella senese. E Italia-Germania somiglia molto al Palio del 2 luglio 2016.
Stesso imbrocchimento generale dei protagonisti, stessi rovesci subiti, stesso onore perduto, stesso appannamento. Stessa voglia di riscatto, stessa rabbia interiore, stessi complessi da rimuovere, stesse diffidenze da superare. Come la corsa alla tonda, anche la partita è una tenzone da dentro o fuori. O si perde o si vince. Allo stesso modo, e comunque vada, non basterà da sola a restaurare la gloria perduta, ma sarà appena il passo di un cammino lungo ed incerto.
Anche gli azzurri, privi di stelle, puntano sul collettivo, come Siena punta sulla propria collettività, per rialzarsi. Qualche vecchio reduce, molti esordienti e parecchi gregari.
C’è il gioco, si dice, a compensare la mancanza di talenti.
L’ebbrezza del Palio può compensare la mediocrità profonda della classe dirigente e attenuare la sua miopia?
Onestamente, ne dubito.
Anche se, almeno per un attimo, nel caldo tramonto senese a dimenticare i patemi basteranno la vittoria della contrada del cuore o un gol in più dei tedeschi.