Il deputato è convinto che i suoi colleghi “la firmeranno a furor di popolo”. Perché tanto accanimento? E perché, piuttosto, non spiega meglio i termini e il senso della proposta, che sembra fatta da qualcuno che ha un’idea molto pallida di cosa sia e di quali siano oggi i problemi della professione giornalistica?

Premetto: non sono riuscito a trovare il testo integrale e quindi mi baso su quanto riportato dalla collega Emanuela Fontana sul Giornale on line di oggi (qui).
La proposta di legge si chiama “pdl 3913” ed è stata depositata alla Camera dei deputati il 29 novembre: «Abolizione dell’Ordine dei giornalisti ed istituzione del registro dei giornalisti professionisti». L’iniziativa è del deputato del Pdl Guglielmo Picchi. Il quale è convinto, chissà perché, che i suoi colleghi, appena l’ufficio legislativo esaurirà il controllo di prassi, la “Firmeranno a furor di popolo”.
La proposta è articolata in 5 articoli: al primo si prevede l’abrogazione della legge «3 febbraio 1963, numero 69, sull’ordinamento della professione di giornalista ed il relativo regolamento di attuazione». L’abolizione dell’Ordine andrà di pari passo con l’istituzione di un «registro dei giornalisti» da custodire «presso l’autorità per le garanzie nelle comunicazioni». L’articolo 3 indica che possono iscriversi al registro i giornalisti professionisti, «intendendosi con tale espressione l’avere per occupazione principale, regolare e retribuita, l’esercizio della professione di giornalista in una pubblicazione quotidiana o periodica, in una emittente radiofonica o televisiva o in una agenzia di stampa», anche in caso di diffusione «prevalentemente telematica». Possono fare domanda anche i «giornalisti liberi», che non sono al servizio di un’unica testata ma che «esercitino il giornalismo come occupazione principale e regolare, ricavandone le principali risorse». Via libera anche per «fotoreporter, cineoperatori e reporter-cameraman» se rispondono ai requisiti indicati. La domanda si può presentare solo dopo un anno di attività: la proposta di legge abolisce anche il praticantato di accesso alla professione. L’autorità per le garanzie nelle comunicazioni si occuperà di accogliere o respingere le domande. L’iscrizione al registro, dice poi l’articolo 5, «è rinnovata ogni tre anni e «il titolare decade da ogni beneficio» quando cessano le condizioni previste per l’iscrizione. Questa legge annullerebbe così «lo status sociale vitalizio» di giornalista, come è spiegato nell’introduzione, e abolirebbe anche «la qualifica (altrove sconosciuta) di pubblicista».
Ecco alcuni quesiti “random”:
– Quella di giornalista resta una professione (e quindi un titolo) o cosa?
– In che consisterebbe (e in che NON consisterebbe) l’”attività giornalistica”?
– Quali concreti requisiti reddituali e di istruzione sarebbero richiesti per chiedere l’iscrizione al “registro”?
– Vabbene ricavare “principalmente” dall’attività giornalistica le proprie risorse, ma non si prevede una soglia minima?
– Se guadagno 500 euro l’anno facendo il giornalista e non ho altre “risorse” potrei così chiedere l’iscrizione?
– Che ne sarà dell’Inpgi, l’istituto di previdenza dei giornalisti?
– Se “giornalista” non è più una qualifica professionale, ciò vuol dire che ci potrà iscrivere a Cgil, Cisl, Uil, Ugl anziché all’Fnsi o alla Fasi?

Solerte onorevole Picchi, prima che i suoi colleghi firmino a furor di popolo, batta un colpo e chiarisca meglio le sue idee. A loro e a noi, visto che in fondo lei “propone” sulla nostra pelle.