Si conclude oggi il XXVI congresso dell’FNSI. Accanto alle solite petizioni di principio, ai tonitruanti appelli e all’inevitabile retorica, emerge ancora l’incapacità (e la mancanza di volontà) di vedere la cruda realtà. Così, la catastrofe del “giornalistificio” italiano diventa colpa del governo ladro, degli editori sanguisughe, delle riforme che non arrivano. E nessuno che chieda: “Ma voi dove eravate nel frattempo?”.

Facciamo un esempio banale, terra terra: avete dimenticato aperto il rubinetto della vasca, questa si è riempita e il bagno si è allagato. Voi che fate?
a) pensate “sono stato un cretino, non dovevo dimenticare aperto il rubinetto” e chiudete il rubinetto, oppure
b) togliete il tappo della vasca, che così smette di traboccare, oppure
c) fate un buco nel pavimento per far uscire tutta l’acqua da lì, oppure
d) strepitate e fate marce contro il governo invocando “vasche più capienti per tutti”?
Ecco, ciò che, in materia di esubero di offerta di lavoro giornalistico e di conseguente mancanza di posti (da cui l’alluvione di precari, freelance affamati, etc) sta venendo fuori da certi interventi al congresso dell’Fnsi in chiusura oggi a Bergamo, sono soluzioni tipo la c) e la d): leggete (per esteso, qui ) quello che il segretario del sindacato dei giornalisti, Franco Siddi, ha dichiarato l’altroieri a proposito della cosiddetta “battaglia contro la precarietà”.
In sintesi, dice che l’ingresso nel mondo dell’informazione va offerto “su base industriale” (sarà mica la famosa operaizzazione del lavoro giornalistico?), che è necessaria una riforma dell’accesso alla professione e che la responsabilità della crisi dell’editoria dipende dai “disastri del servizio pubblico televisivo penalizzato dal conflitto di interessi” e dalle concentrazioni editoriali. “Non è giusto – ha aggiunto – che le banche siano nelle compagini azionarie dei giornali”, lanciando la proposta di creare a partire dalle fondazioni bancarie “un fondo per la libertà di stampa”. Quindi, riporta l’Ansa, un richiamo ai governi sulla legge per l’editoria perché “negli ultimi tre anni i fondi sono calati da 640 milioni a 180 milioni”.
Roba da trasecolare.
Scusa, Siddi, ma che c’entrano tutte queste cose (più o meno condivisibili che siano) con i problemi dei freelance e dei precari?
Quello che succede con i contratti a termine e con i liberi professionisti letteralmente abbandonati dal sindacato non è cominciato con la crisi dell’editoria dell’ultimo biennio, ma accade – nell’assoluto disinteresse, sordità, menefreghismo del tuo sindacato – da quindici anni: durante questo tempo, l’Fnsi dov’era?
Dov’era il sindacato “unitario” quando migliaia di giornalisti precari e freelance andavano assistiti, prima dandogli una mano concreta (e magari perfino consigliandoli di prendere altre strade, anziché illuderli con le chiacchiere di un irrealizzabile futuro luminoso e progressivo delle loro aspirazioni professionali) e sono invece stati irridentemente ignorati?
C’è da riformare le regole di accesso alla professione? Bella scoperta. Peccato che, in uno stucchevole minuetto, OdG, Fnsi e galassie al seguito si scambino da sempre le figure al vertice, preoccupatissime di non incrinare gli equilibri delle correnti e degli apparentamenti politici, senza riuscire a cavare il proverbiale ragno dal buco. Ovvero a chiudere il famoso rubinetto, operazione banale che avrebbe reso facilmente possibile, applicando le regole già esistenti, arginare quella che poi si è rivelata l’alluvione dei nuovi giornalisti senza futuro.
Non è giusto che le banche entrino nei giornali? Può darsi. Ma allora non invochiamo “fondi per la libertà di stampa” (che vuol dire, poi?) dalle fondazioni bancarie, che sono quelle che, di riffa o di raffa, le banche le controllano.
E che dire della ciliegina finale, come l’intemerata contro il conflitto d’interessi (che c’entra con i nostri problemi?), lo sfacelo del servizio pubblico (idem), le concentrazioni editoriali (idem bis), fino alla rituale invocazione delle prebende governative per l’editoria, cioè l’esatto contrario di qualsiasi premessa per una stampa davvero libera, democratica, indipendente, bla bla bla? Oppure si vuole continuare a mantenere artificiosamente certe fabbriche di (inutili) posti di lavoro giornalistico con l’idea da socialismo reale della stampa di partito, le testate clientelari, etc etc?
Conosco Franco Siddi da molti anni. E’ un uomo certamente intelligente, come del resto altri che stanno alla guida dell’Fnsi. Se egli dice certe cose, quindi, non è di sicuro perché è stupido. Ma anch’egli è preda, anzi ingranaggio del sistema. Un sistema perverso, talmente impegnato a specchiarsi, a mantenersi, ad autoalimentarsi, che da millant’anni ha perso di vista la vera ragione della propria esistenza: la tutela della categoria. Una categoria che non è un monolite, ma è fatta di decine di migliaia di individui con i loro problemi. Se manca questa visione, il sindacato non solo non è unitario, ma è inutile.
Come l’Fnsi, ad esempio.