Il giorno dopo JJ Cale (qui), dall’altra parte dell’Atlantico se n’è andato Mick Farren, l’anello mancante (ma inglese) tra Frank Zappa e Iggy Pop. Nei ’60, i suoi Deviants lasciarono un gran segno nell’underground.

Diciamoci la verità: solo i “favolosi” anni ’60, con il loro allegro apparato di contestazione frutto del benessere e di benessere creato dall’organizzazione commerciale della contestazione, con le loro utopie non ancora pericolose, con i loro radicalismi fatti di attivisti non ancora militanti, con la sua rivoluzione floreale intrisa di ideali e di ideologia diffusa, ma non totalizzante, potevano partorire (e lasciar ragionevolmente sopravvivere) gruppi musicali come i Deviants e personaggi come il loro leader, Mick Farren.
Che ci ha lasciato l’altroieri, al culmine di una settimana ecatombale per il rock an roll. E’ crollato sul palco, mentre si esibiva in un’estemporanea reunion del suo storico gruppo.
Da bravo musicista “arrabbiatissimo” di ieri, e quindi a volte un po’ macchiettistico oggi, Farren si era col tempo pian piano ritirato nella scrittura. Senza mai dimenticare il suo originale imprinting controculturale, di cui fu grande esponente nella Londra dei sixties, ha passato i decenni dal 1970 ad oggi in sporadiche incisioni e in un’intensa attività di scrittore e di giornalista rock, restando sempre nell’amata fascia borderline della contestazione a prescindere, in bilico tra ira e oscenità, provocazione e critica al sistema, riflessioni scomode, frequentazioni non allineate.
Sconosciuto agli amanti del rock mainstream, idolatrato dagli amanti del lato oscuro della musica, era da alcuni critici ritenuto uno dei numi tutelari del punk, almeno in spiritu, per aver registrato, dal 1965 al 1969, tre memorabili dischi con la band più un quarto da solista nel 1970, presenze fisse nei manuali dei suoni “off”.
Con Hawkwind e Pink Fairies, i Deviants furono il contraltare britannico degli americani MC5 (con il chitarrista dei quali, Wayne Kramer, non a caso Farren collaborò a cavallo tra gli ’80 e i ’90).
Mi accorgo che è un po’ difficile, oggi, spiegare a chi non c’era (e quindi non può sapere) quali siano stati il fascino , il ruolo e l’aura di Mick Farren in quel contesto ormai remoto di quasi cinquant’anni fa.
Ma forse spiegare non serve.
Basta ricordare, per chi ne ha voglia. E pensare che comunque un altro pezzetto di passato se n’è andato. Comunque la si pensasse.