Ma non uno champagne normale: una magnum di Joseph Perrier Cuvee Royal Brut 1982 capace di riportarti dritto dritto, per strabiliante freschezza e tensione, all’unica, vera notte magica del calcio italiano: quella di Zoff, Gentile, Cabrini

Tu chiamali, se vuoi, casuali colpi del destino, o coincidenze o botte di fortuna. O come ti pare.
Ma ci sono avvenimenti che ti fanno pensare o dei quali è bello credere sia così.
Per molti italiani il mondo si divide tra chi, l’11 luglio 1982, c’era e chi non c’era. Io c’ero.
Insomma per me il “mondiale“, non se ne abbiano a male Cannavaro & co., è quello, quello e basta.
Evento epocale.
Basta ricordarlo e festeggiarlo brindando a champagne? Certamente no.
Basta brindando con una rara magnum di champagne proprio di quell’anno, il 1982? Certamente è un gran colpo e un gran bel bere, ma ancora non basta.
Se però, contro ogni previsione, questo champagne vecchio di 32 anni si rivela di una leggiadra potenza e di una freschezza tali da assomigliare davvero all’esplosione di adrenalina di quel giorno, ecco, allora basta.
Mi è successo ieri, un giorno prima della magnifica ricorrenza, in un bel pranzo organizzato da Banfi per una degustazione verticale della maison che la casa montalcinese importa e distribuisce in Italia, la Joseph Perrier di Chalon-en-Champagne. Ventuno ettari, quattro generazioni, 800mila bottiglie prodotte e 4 magnum della cantina personale dei titolari, monsieur Jean-Claude Fourmon e signora.
Sulla monumentale tavola di marmo del Cesar (qui), il ristorante stellato (e ottimo: cucina e location meritano la visita) del Posta Vecchia di Palo Laziale, a Ladispoli, sotto un cielo corrusco, un mare striato di grigio e di cobalto e un maestrale teso come la bocca che ti lascia lo champagne quello buono, sono planati un solenne, evoluto Cuvee Royal Brut 1989 (50% Chardonnay, 40% Pinot Nero, 10% Pinot Meunier), un elegantissimo Cuvee Joséphine 1998 (52% Chardonnay e 48% Pinot Nero), un delicato, quasi croccante Cuvee Royal Brut Rosé 2004 e, primo ad arrivare nel calice ma ultimo per ragioni d’onore, lo strepitoso Cuvee Royal Brut 1982.
Inebriante come il triplice “campioni del mondo” di Martellini, progressivo e suadente come Zoff, Gentile, Cabrini, emozionante come la coppa alzata al cielo nella notte di Madrid. A memoria faccio fatica a ricordare un grande vecchio capace di mantenere questa brillantezza.
Mi perdonerete lo scarso tecnicismo: la circostanza era da girabicchieri, ma la ricorrenza no. E il vino non era, davvero, solo di quelli normalmente eccellenti. La sua freschezza e la sua fragranza sembrava che lanciassero messaggi di giovinezza, la sua lunghezza richiami a una maturità saggia ma non abbastanza da non fremere all’incalzare di certi ricordi.
Più che notte magica, stavolta un mezzogiorno magico.
Pedatorio e non, come avrebbe detto Brera.