Murlo al tramonto. Foto di K.Phillips.

di Kyle Phillips.
Digressione archeologico-personale di Kyle, che raccontando la storia, un po’ vera e un po’ immaginaria, dell’antico insediamento nelle campagne senesi, ci accompagna tra i misteri mai risolti del popolo lucumonico e le avventure di un archeologo intraprendente e non allineato: suo padre.

Il venditore di ricordi aveva finito di allestire il suo banchino e rivolse lo sguardo alla statua del Dio sul tetto. Le gocce stavano ancora cadendo dalle grondaie a testa di leone e lui sorrise, sicuro che le piogge notturne avrebbero mitigato la calura estiva. Visitatori accaldati sono meno disposti a comprare. Sentì un urlo e si girò, deglutendo alla vista del plotone di soldati che avanzava rapidamente. Al lancio del primo giavellotto prese le sue cose e fuggì, passando fra le tegole stese ad asciugare vicine alla fornace e entrò nel bosco…
Tutto questo é congettura: gli Etruschi hanno lasciato pochi documenti scritti, e nessuno può dire con certezza a cosa servisse il complesso monumentale di Poggio Civitate, posto su una collina a sud di Siena, poco distante dal paese di Murlo. Però, l’impronta lasciata nella tegola non ancora cotta fornisce una prova drammatica di quanto fosse improvvisa la distruzione: statue a grandezza naturale di uomini e sfingi, gorgoni, fregi in terracotta con scene di corse equestri, processioni, e banchetti, vasellame, gioielli, tutto fu frantumato e seppellito.
E lì rimase fino a quando mio padre, un giovane archeologo che sperava di trovare un villaggio etrusco, non cominciò a scavare sulla collina di Poggio Civitate nel 1966. Il primo giorno vennero alla luce i resti di un muro che si rivelò essere parte, non di una casa, ma di un imponente complesso finemente decorato del quinto secolo avanti Cristo. In seguito furono scoperti un complesso arcaico di epoca precedente, una fornace, una fonderia e anche delle tombe. Sebbene molti archeologi abbiano interpretato il sito, per analogia con le tenute nobiliari rinascimentali, come il palazzo di un principe, mio padre era di opinione diversa. In quei tempi i principi erano serviti da schiere di schiavi e soldati e lui non vedeva tracce né degli uni né degli altri a Poggio Civitate.
Alla fine decise che Poggio Civitate era forse il punto d’incontro di un qualche tipo di lega dell’Etruria settentrionale. Questo spiegherebbe la ricchezza del luogo, perché ogni città della Lega avrebbe contribuito alla sua costruzione. Spiegherebbe anche la mancanza di una guarnigione stabile, dato che il complesso poteva essere utilizzato soltanto in determinati momenti dell’anno. Spiegherebbe anche l’origine del toponimo, Poggio Civitate, il poggio delle città e la natura rituale della distruzione, che mio padre sospettava fosse stata opera della città di Chiusi, desiderosa di eliminare un rivale politico.
Ad essere onesti, una visita al sito archeologico sul colle di Poggio Civitate comporta una passeggiata lunga, e non si vede molto (resti di mura che il bosco si sta lentamente riprendendo). Il Museo di Murlo, invece, é affascinante. Si trova nel casone di un paesino fortificato appartenuta ai vescovi di Siena, e vanta una ricostruzione molto bella del tetto dell’edificio etrusco; ci si sente quasi etruschi a guardare la sfinge posta sopra la trave, o le teste di leone da cui sgorgava l’acqua piovana. Vi sono anche oggetti più piccoli, compresi vasi greci, utensili da cucina, bronzi, e gioielli raffinatissimi fra i quali un grifone che non sfigurerebbe affatto da Cartier.
Vi starete chiedendo come fece mio padre a scoprire Poggio Civitate. Era amico del grande archeologo italiano Ranuccio Bianchi Bandinelli, e dopo aver svolto scavi a Rosia, una necropoli etrusca, all’inizio degli anni ’60 disse all’amico che ambiva ad altro. Ranuccio gli diede una lista di possibili siti archeologici e mio padre passò l’estate del ’65 a valutarli. Decise di provare con Poggio Civitate, anche perché sul colle vi era una buca chiamata la “Buca del tesoro” in cui erano stati trovati degli oggetti etruschi.
Rispetto ad oggi, Murlo era molto diverso nel 1966. L’unica fonte d’acqua era il pozzo nella piazza, la corrente elettrica saltava col cattivo tempo, e la polvere s’innalzava dalle stradine in terra battuta quando c’era vento. Per vedere la televisione era necessario andare a Vescovado (2 km), dove vi erano due televisioni, una nella Casa del Popolo e l’altra nel bar dei democristiani. Negli anni successive fu aggiunta una seconda cannella per l’acqua alla porta del paese, e entro l’inizio degli anni ’70 iniziarono a portare l’acqua (e anche televisori) nelle case. Adesso la terra battuta delle strade é stata ricoperta con mattoni e Murlo vanta sia un ristorante che un ristorante/pizzeria dove ho mangiato bene l’ultima volta che ho portato amici a visitare il museo.
Per arrivarci:
Murlo si trova a metá strada fra Siena e Buonconvento; guidando (vi é anche la corriera) si prende la Cassia in direzione Roma, seguendo le indicazioni per Murlo poco oltre Monteroni d’Arbia. Il museo si può visitare comodamente in una mattinata. Dopo, volendo, ci sarebbero due opzioni per continuare la giornata: Monte Oliveto Maggiore, con i bellissimi affreschi della vita di San Benedetto dipinti dal Signorelli e dal Sodoma che dista poco piú di mezzora, appena oltre Buonconvento. San Galgano, una abbazia ciscerstense di rara bellezza, ed il tempio rotondo con la roccia in cui il Santo conficcó la sua spada, si trovano a circa mezz’ora dall’altra parte, verso la Valle del Merse.