di LUCIANO PIGNATARO.
Porzioni di dimensioni “bibliche”, alici “di menaica”, olive pisciottane, fagioli e cozze serviti con il fascino in via di estinzione delle osterie di una volta.

Le osterie muoiono, viva le osterie. Il pranzo quotidiano ormai è veloce, esce persino da macchinette sistemate nei luoghi di lavoro, oppure in piedi nei bar dei centri cittadini. E poi ci sono gli agriturismi dove si va volentieri perché tutto costa molto poco, anche perché spesso non vale neanche quello che si paga.
A Napoli, dove ce n’erano mille, oggi non sono più di cento. E fuori si stanno spegnendo, una dopo l’altra.
Ecco perchè quando se ne trova una autentica, vera, di tradizione, bisogna subito profittarne. Rinaldo è alto e biondo, occhi azzurri come la mamma che aprì questo locale sul mare vicino la stazione di Pisciotta, nel cuore del Cilento nei pressi di Capo Palinuro: scorre tanto sangue normanno e longobardo da queste parti, facile da trovare in purezza soprattutto nei luoghi vissuti in isolamento.
La trattoria è stata aperta mezzo secolo fa. Prima per sfamare gli operai che costruivano il raddoppio della ferrovia tirrenica, poi per i viaggiatori che si fermavano da queste parti. Il turismo, molto riservato e di stile, ha permesso a questo locale di sopravvivere senza perdere minimamente la propria identità.
Qui c’è la qualità chiamata a competere con la cucina di casa, il mestiere che trasforma il far da mangiare in artigianato gastronomico e porzioni da trattoria! Lo spaghetto con le alici, da queste parti sono di menaica, ossia catturate con reti larghe secondo una tecnica greca rivelatasi eccezionale per conservare la pescosità perché si catturano solo le più grandi, è di proporzioni bibliche. L’insalata di alici trabocca anche se chiedi mezza porzione.
Non mancano alcune novità, come lo spettacolare fagioli e cozze.
Il mare cilentano è davvero generoso come in poche altre zone: meno di cinquantamila abitanti su quasi cento chilometri di costa dieci mesi l’anno. Il silenzio delle stagioni è premiante per chi ama questa cucina.
C’è il pescato del giorno, ma due piatti tipici su tutti. Il primo è la ciualedda che si prepara con l’orto mediterraneo: peperoncini, melanzane, fagiolini, patate, pomodori, cipolla e basilico: il tutto condito con olio delle olive pisciottane, raccolto da ulivi giganti secolari, circa 600.000 piante tra Pisciotta, Ascea e comuni limitrofi. L’altro è il cauraro, a base di patate, fave, alici e finocchietto selvatico.
I dolci sono di Ivana, la moglie di Rinaldo.
Da Angiolina si vive il ritmo lento e piacevole di un tempo. Lasciatevi andare e, soprattutto, veniteci fuori stagione.
Dai 30 ai 40 euro, vini cilentani e campani.

Ristorante Angiolina
Via Passariello, 2
Pisciotta (SA)
Tel. 0974-973188
Chiuso domenica sera e lunedì
Ferie: novembre-Pasqua

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