di LUCIANO PIGNATARO.
Il nostro è tornato entusiasta da Barbaresco. Non per la compagnia degli altri Igp, ma per i vini che ha bevuto. Quelli dei Produttori del Barbaresco, appunto. Di tre annate (1990, 1996 e 1999) che gli sono rimaste nel cuore. E nel palato.

Ci sono vini che ti accompagnano. Non sai perchè, ma succede. Come una persona incontrata per caso per vivere insieme un’avventura, un viaggio, un racconto.
Come in una quadra di Potocki vivo una narrazione nella narrazione di una narrazione sino a comporre una storia a parte, quella dei Produttori del Barbaresco, nata nel 1958, un anno dopo di me, che vive e vegeta nel cuore del paese, proprio di fronte alla chiesa e un campanile abbrutito da modernità sfacciata e arrogante.
Entriamo nel ventre di questa cantina portata alla luce dal giovane Carlo Macchi quando dirigeva Vini Buoni d’Italia, primo riconoscimento mai ricevuto, la Corona. Ma Produttori non ha bisogno di premi e riconoscimenti, è come quei ristoranti che erano già aperti prima delle guide e che restanno aperti anche dopo perché sono l’anima di un luogo. Genius loci, con 53 soci che conferiscono tutte le uve gestite tecnicamente da Gianni Testa, aiutato da Vincenzo Calorio.
Un buon Barbaresco che nelle ultime annate commercializzate non supera mai i venti euro in enoteca, forte di un bel progetto di zonazione.
Trovo il Barbaresco 1996 a Priocca, al Centro, serve per innaffiare una cucina di territorio semplice ma ben eseguita in tutte le sue declinazioni secondo la tipica scansione langaiola, con la nebbia e l’umidità esterne a fare da contraltare al calore della tavola dai cibi robusti e decisamente nordici. Ci colpisce, siamo con Carlo, Roberto e il portoghese Pasquale Porcelli, l’infinita freschezza capace di rinnovarsi sul frutto integro e pieno. Un vino agile e scattante, la bottiglia finisce in pochi secondi.
Poi la visita, alla nuova struttura dai legni grandi, alle splendide vasche d’acciaio in coabitazione con il cemento, gli assaggi dell’ultima annata in commercio decisamente appaganti e in grande spolvero nelle degustazioni coperte della mattina.
Le altre due invece con Annarita: il Barbaresco 1990, emozionante e perfetto, alla Locanda del Borgo Antico a Barolo sulla cucina di Massimo Camia, moderna e decisa nei sapori. Uno di quei vini che hanno attraversato lo Stargate degli assaggi professionali e sono in grado di portarti in altri mondi, su altre ragioni, per fare meglio i conti con se stessi. Quello bottiglie, insomma, capaci di ispirare la letteratura della viticoltura da Ipponatte in poi.
Finale sulla spumeggiante cucina di Ilario Vinciguerrra: il Barbaresco 1999, bottiglia potente, completa, nel pieno della maturità adolescenziale, con tutte le misure giuste, la conferma di una grande annata italiana, direi l’ultimo vero millesimo degno di questo nome sinora vissuto nella viticoltura del postmetanolo.
Tre declinazioni di Barbaresco, tre quadre di tante suggestioni diverse, ma al centro la entusiasmante capacità del nebbiolo di prenderti per mano e restituirti la passione anche quando pensi di dover solo fare un mestiere. L’amore per l’etica è sempre alla base di un grande vino di comunità.
Bravi Produttori del Barbaresco, bravi e accessibili anche per noi Giovani Igp!

Sede a Barbaresco, via Torino 54. Tel. 0174.635139. www.produttoridelbarbaresco.com. Ettari: 108 di proprietà. Bottiglie prodotte: 500.000.

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