Mancano ancora i dati ufficiali, ma dovrei aver preso la metà dei voti che mi aspettavo. Eppure sono il primo degli “indipendenti”, cioè dei candidati non legati a liste o cordate. Il che la dice lunga sulle prassi che sovraintendono al sistema. Un successo o una delusione? Tutte e due le cose, forse. Ma su tutto domina l’incredulità di aver verificato, dal di dentro, quanto sia assurdo un meccanismo omertoso di cui tutti sono vittime, ma a cui nessuno si ribella. Qualche esempio? Ufficialmente non si sa chi sono in candidati, perchè in teoria tutti possono essere eletti (anche in contumacia, figuriamoci!), quindi per votare i giornalisti dovrebbero farsi ispirare dalla Spirito Santo. Poi però al seggio c’è chi ti allunga un “pizzino” precompilato con un elenco di nomi “suggeriti”. Non basta? Diciamo allora che hanno votato appena 1/4 dei professionisti e 1/8 dei pubblicisti. Non basta ancora? Vabbene, allora beccatevi questa: abbiamo scherzato, è stato tutto inutile. Le elezioni che contano davvero sono quelle del ballottaggio previsto il 30/5. Quando nessuno avrà voglia di perdere un’altra domenica e il numero dei votanti calerà di un altro 40%, riducendosi solo ai “fedelissimi”. Evviva.

Strano che Mario Monicelli, ai tempi di “Amici miei”, non c’abbia pensato. Eppure uno dei protagonisti, Giorgio Perozzi, era proprio un giornalista. E strano che non ci abbiano ancora pensato quelli di “Scherzi a parte”. Sì, perchè il sistema in vigore per le elezioni dell’Ordine dei Giornalisti offre assist geniali a chi vuole tirare burle a qualche malcapitato. Tanto per esemplificare, ti alzi la mattina e scopri che ti hanno eletto presidente dell’OdG regionale. A tua totale insaputa, è ovvio. Una cosa che non solo è possibile ma, in base al regolamento elettorale vigente, è addirittura auspicabile: proibito infatti per l’Ordine (sì, è tutto vero) accettare formalmente delle candidature. Tutti devono essere eleggibili, dice l’ipocritissima norma. Quindi nessuna pubblicità può essere data ai nomi degli aspiranti. Buio (formale) assoluto. Nessun elenco, nessun promemoria, nessuna affissione con i nomi dei papabili. I quali, però, sono a parole arcinoti da mesi e ovviamente organizzatissimi, spesso con alle spalle oliate macchine elettorali. Quelle che, tramite la presenza al seggio, 24 ore su 24, di uomini di fiducia, sono in grado di allungare sottobanco agli smarriti elettori (e chiedo, tra parentesi: è tollerabile, è “normale”, che un elettore vada a votare senza sapere non sono per chi vota, ma per che cosa vota? Se ne sono viste di cotte e di crude…) “pizzini” precompilati con la lista dei nomi suggeriti dal “partito” di turno. Oppure di affiggere alle pareti del seggio medesimo, contro ogni norma e pretesa di “par condicio” ma con il tacito consenso di colleghi e osservatori, un tazebao con i propri candidati, tanto per ispirare gli indecisi. Insomma, una via di mezzo tra la comica e il manicomio.
Poi c’è la questione, già descritta meglio qui, dei luoghi di voto ubicati tanto lontano dalla residenza dei votanti da rendere, se non impossibile, altamente improbabile l’esercizio del diritto di voto. Chi, da Marradi, prende la macchina una domenica di maggio e va a Firenze a votare? O da Capalbio va a Siena? Per capire l’effetto concreto di tutto questo, basti pensare che ieri a Siena (il seggio che ho “presidiato” di persona e che comprendeva anche i colleghi grossetani) su 402 aventi diritto hanno votato in 74 e che, di questi, solo uno veniva da Grosseto…
Ma il massimo è un altro. E cioè che è stata tutta un’inutile perdita di tempo e che i “giochi” veri si fanno al ballottaggio di domenica 30/5. Come dire: bisognerebbe in teoria far scomodare di nuovo tutti e farli tornare a sprecare un giorno di festa. Probabile? Altrochè. Le statistiche dicono che al ballottaggio il numero dei votanti crolla del 40% rispetto al turno precedente, che a sua volta è storicamente “moscio” con un’astensione del 70%. Ciò è reso possibile dal fatto che il regolamento prevede per l’elezione al primo “giro” l’ottenimento della maggioranza assoluta dei voti, quota praticamente quasi impossibile da raggiungere data (anche) la diluizione dei voti che deriva dal sistema delle candidature “al buio”. Morale: bisogna fare un secondo turno di ballottaggio, a cui accedono, tra i non eletti, un numero di candidati doppio rispetto al numero di posti da assegnare. Detto in soldoni, il totale dei candidati e quello dei votanti finisce per avere rapporti grotteschi e, alla fine dei giochi, chi viene eletto risulta tale grazie al voto di poche centinaia di volonterosi su quasi 5mila giornalisti toscani.
Alzi la mano chi trova che tutto ciò sia normale, democratico, corretto, etico e trasparente. Quella trasparenza tanto invocata quando, strappandosi le vesti, la pretende dagli altri.
Vabbè, per oggi ho detto abbastanza, il resto verrà coi dati definitivi alla mano.