L’app consente di mettersi alla gogna mediatica da soli: chiunque, nel bene o nel male ma comunque sempre anonimamente, può scrivere senza giri di parole ciò che pensa di te. La cosa più pericolosa per il tuo ego, però, è che non ti ritengano degno nemmeno degli insulti.

 

Ammetto candidamente che fino a stamattina, sebbene l’avessi notato qua e là sulla stampa, ignoravo il significato del termine “Sarahah“. Mi riportava alla mente solo il quasi omonimo deserto africano o il B movie “Amici Ahrarara” dei Fichi d’India, dedicato molti anni orsono, salvo errori della mia memoria, ai coreografici protagonisti delle televendite di gemme farlocche.
Scopro oggi, grazie a un acuto articolo di Roberto Alajmo sul Corriere (qui), che si tratta invece della “app” (scusate le virgolette ma l’espressione mi dà già da sola l’orticaria) inventata da un saudita: una sorta di gogna privata grazie alla quale, dietro anonimato e assoluta privacy, l’utente può autorizzare il prossimo a scrivere qualunque cosa egli pensi su di lui.
Concepito all’origine, leggo, per aiutare i manager a capire cosa davvero pensassero i sottoposti di loro e/o dell’efficienza dell’ufficio, l’applicazione è dilagata nel privato trasformandosi così in una sorta di esercizio digitale del sadomasonarcisismo: in qualcosa, cioè, che la gente usa o per insultare gratuitamente e nel modo più sanguinoso il prossimo, o a cui sempre la gente ricorre viceversa per sollecitare dal prossimo giudizi “senza rete”. Giudizi, va da sè, che non di rado sono destinati ad assumere un verso e a produrre reazioni del tutto opposte a quelle desiderate.
Sui riscontri di larga scala, visto che si tratta di una corrispondenza riservata e unidirezionale, non ci sono rilevamenti precisi. Ma nella pratica, a giudicare dal tono dei messaggi resi pubblici […], incombe la tendenza a sprigionare i peggiori istinti, sessisti, razzisti, smodatamente scorretti. In sostanza, siamo di fronte all’equivalente moderno di mettere volontariamente la testa dentro la gogna dopo avere offerto a chiunque un giro gratuito di uova marce da lanciarti in faccia“, scrive Alajmo.
E aggiunge: “Finora si era conclamata una tendenza già preesistente che su internet ha trovato esasperazione, e per brevità possiamo definire «odio dunque esisto». Gente che fa branco e insulta […] trovando nel rancore la propria ragione di vita. Con Sarahah si svela una pulsione opposta e correlata, che si riassume con la formula «sono odiato dunque esisto». Al popolo degli sadici corrisponde una fascia riflessa di masochisti potenziali […] che si consegna al linciaggio elettronico. Il brutto è che dopo avere messo la testa nella gogna esiste un’ipotesi ancora peggiore […]. Si dà il caso che tu metti la testa nella gogna e il resto del mondo ti ritenga indegno persino dello sforzo di lanciarti un uovo […]. Tu che eroicamente offri su Sarahah il petto a una fucilazione con onore, e il plotone d’esecuzione che ti ignora del tutto“.
Non fa una piega.
E credo non ci sia delusione più grande che prendere atto di essere persone inutili, per non dire trasparenti. Scoprire insomma di non essere un cazzo al punto tale che la gente neppure ha bisogno di dirtelo.