Massimo Bertarelli era una leggenda. Fra i lettori e fra i colleghi. Fuori dagli schemi. Scanzonato. Allegramente cinico. In una delle sue celeberrime recensioni cinematografiche da 300 battute riusciva ogni volta a inserire un aggettivo che aveva l’effetto di un marchio a fuoco.
Anche le sue marachelle personali, del resto, erano leggendarie, perfino epiche.
Da quando era andato in pensione non l’avevo quasi più sentito e ora me ne dispiace.
Non dimenticherò mai la volta che, semiesordiente al “Giornale”, gli proposi il mio primo articolo di natura critico/musicale. E lui mi rispose: “Fai pure, ma non esagerare. E soprattutto ricordati che qui di cattivi basto io”.
Addio Massimo.